Il Pittari di Pardesca – di Francesco Marrapodi

Brani dal Volume Omonimo

Il Pittari di Pardesca di Francesco Marrapodi

IL NIDIFICATORE

Mastro Vincenzo era un uomo di corporatura atletica e di bell’aspetto, che non si dava mai per vinto dalla fame (che era la legge dominante del suo tempo) e che passò a cavallo tra questo e il secolo scorso. Uomo di carattere socievole, intraprendente e inventivo, faceva l’eterno girovago e, pur avendo una moglie e quattro figlie, passava settimane e mesi interi fuori di casa senza dare sue notizie.

Si avventurava per tutti i paesi della sua provincia creando sempre nuovi nidi. Si fidanzava dovunque andava, come se fosse scapolo. Si racconta che più di una volta si sposò d’inganno con documenti falsi.

Un giorno, la moglie, vide arrivare due uomini con una cavalcatura ciascuno che le domandarono:

– E’ lei la moglie di mastro Vincenzo Cozzupoli?

– Sì, sono io, perché? – Rispose la donna.

– Ci manda suo marito, per darci quattro tomola1 di granoro da usare per semenza.

La donna cadde dalle nuvole:

– Quattro tomola di grano!! Quando mai ho visto grano in casa mia? – “Un’altra pizza ho combinato”- mormorò poi, tra sé, la donna.

– Come, – dissero quelli – noi l’abbiamo già pagato!

– Questa sì che è bella! – rispose la moglie – E io che ci posso fare? Sono qui morta di fame e abbandonata… Se non mi credete entrate, guardate coi vostri occhi quello che ho in casa.

Nel tempo in cui le donne tingevano i loro filati, Mastro Vincenzo andava per i paesi a vendere le tinte, che in occasione si procurava a volte vere e a volte false, tinte che chiamava del professor “La Verde”, nome che diede in quanto il fiume dal quale si procurava la polvere di pietre per le sue tinte, si chiamava appunto “La Verde”2.

Mastro Vincenzo faceva i suoi giri di vendita e dopo pochi giorni ripassava. Quelli ai quali era andata male, appena lo avvistavano gli correvano incontro gridandogli:

– Mastro Vincenzo! Che tinta ci avete dato? L’acqua non si è sporcata per niente!

Altri si lamentavano che dovevano ritingere la loro roba perché si era troppo sbiadita.

Intanto venivano fuori anche quelli ai quali era andata meglio, lodando il prodotto del professor “La Verde” e del suo venditore.

Mastro Vincenzo si voltava a turno, una volta dalla parte dei malcontenti, quelli ai quali aveva venduto solo polvere di pietra e una volta verso quelli ai quali aveva venduto metà tinta vera e metà polvere di pietra e rivolgendosi ai primi disse:

– Si vede che voi non avete saputo lavorarla. Eccovene dell’altra a buon prezzo e mi raccomando, rivolgetevi a quelli che l’hanno saputa lavorare.

Una trovata più classica l’aveva avuta con il veleno per topi. Anche questo prodotto era una specialità del professor “La Verde”, però con un miglior risultato e vantaggio, in quanto era poco seguibile e chiaro. Se il veleno faceva effetto o meno, questo non sempre si sapeva, in quanto i topi che lo ingerivano da una parte, il più delle volte andavano a morire da un’altra e i compratori del prodotto quando vedevano Mastro Vincenzo lo accusavano dell’inefficacia del veleno perché i topi si sentivano girare per casa come al solito. Anzi, – dicevano altri – dopo che l’hanno ingerito corrono ancora di più per la soffitta.

– Ma come siete stupidi, – diceva allora Mastro Vincenzo – quei topi che sentite girare sul soffitto sono quelli che son venuti ai funerali di quelli che sono morti.

(1) -Tomola: misura agraria di 44 Kg di peso.

(2) -Fiumara che nasce in Aspromonte e sfocia nel mar Ionio.

E FACCIAMOCENE UN’ALTRA ……

Due giovani sposi andarono ad abitare in una casa vicino a una coppia di vecchi sposi. La parete che divideva le due abitazioni era di canna, con un filo sottile di intonaco, e ciascuna delle due coppie sentiva quello che faceva l’altra.

Lo sposo, della coppia dei due vecchi, era un accanito fumatore di pipa e, siccome i vecchi dormono poco, si svegliava spesso; si metteva seduto sul letto, si accendeva la pipa e incominciava a fumare dicendo a se stesso “e facciamocene un’altra”.

Durante la notte ripeteva quei gesti quattro, cinque e più volte. La moglie della coppia dei giovani, sentendo più volte quella frase, pensava che il vecchio facesse all’amore e insinuava al marito:

– Senti! Lui vecchio ne fa quattro, cinque per notte, e tu giovane con due ti giri dall’altra parte.

Il marito, a quelle parole, si risentì e per accontentare la moglie tirava a più non posso fino al punto che si era ridotto a non stare all’impiedi. Intanto i giorni passavano e le due donne ebbero motivo di attaccare amicizia. Un giorno, conversando da sole, la sposa giovane si sforzò alquanto nel chiedere alla donna più anziana quante volte faceva all’amore di notte col marito.

– Ah! – rispose la vecchia – Sono anni che non facciamo più di queste cose.

– Come! – ribatté la giovane – Io sento suo marito durante la notte che dice “e facciamocene un’altra”.

– Ah!, figlia mia! Mio marito dice così quando accende la pipa e fuma, perché ha quel brutto vizio e voi credevate invece che noi alla nostra età eravano lì a fare per tutta la notte quelle cose.

E così la giovane sposa si ravvide e incominciò a pretendere meno dal povero marito.

L’ ACQUA DELLE SETTE FONTANE

Una moglie infedele tradiva il marito col prete della sua parrocchia. Temendo sempre che il marito, per quanto fosse un semplicione, se ne potesse accorgere, organizzava incontri sempre più fugaci che non riuscivano a saziarla pienamente.

Allora ne studiò una per bene.

Dal momento che aveva sentito più volte raccontare che, in certe montagne lontane, c’era una sorgente d’acqua chiamata “l’acqua delle sette fontane” e che questa era miracolosa per diverse malattie, pensò di fingersi ammalata. Si fece visitare da diversi medici ma nessuno di questi riuscì a capire i suoi complessi disturbi.

E così, passa oggi passa domani, la donna fingeva di sentirsi sempre peggio.

Un giorno chiamò il marito e gli disse:

– Senti, tu hai sentito dire qualche volta che in certe montagne c’è un’acqua chiamata “1’acqua delle sette fontane”?

– Sì,- rispose il marito – mi sembra di averne sentito parlare quando ero ragazzo.

– Se tu vuoi che io possa guarire, – gli disse la moglie – dovresti andare a cercarmi un po’ di quell’acqua.

Il povero marito, seppure ignaro del luogo dove potesse trovarsi quell’acqua, si armò di coraggio e partì.

Cammina e cammina verso la montagna, arrivò in uno spazio di prato dove c’era un grande albero tutto fiorito (dato che era verso la fine di maggio), con le foglie in prima crescita, sotto il quale c’era un vecchio uomo seduto che si godeva il fresco (dato che incominciava a fare caldo).

L’uomo, vedendo passare, in pieno giorno, un individuo dall’andatura stanca e solitaria, mentre il sole accampato nel centro del cielo incominciava a far sentire il suo peso sulla terra, lo chiamò:

– Brav’uomo, dove andate camminando a quest’ora con questo caldo? Venite qui sotto al fresco a riposarvi.

L’uomo non si fece tanto pregare, si accostò e si mise sotto l’ombra.

Il vecchio, lì seduto sotto la pianta, era il demonio, che aveva assunto quelle sembianze per vendicare quel brav’uomo che veniva tradito dalla moglie. Quindi sapeva tutto!

Non di meno domandò al nuovo arrivato dove andasse, così tutto stanco e preoccupato.

Il brav’uomo si mise a raccontargli della malattia della moglie, dell’acqua (della quale aveva solo sentito dire) e della sua miracolosità e per questo la stava cercando. Il vecchio, fingendo di seguire il discorso con attenzione, alla fine gli disse:

– Ma voi siete sicuro della malattia di vostra moglie?

– Eh! Altro che sicuro. – rispose il brav’uomo – L’ho lasciata che stava molto male; spero Iddio di non trovarla peggio al mio ritorno, chissà quanti giorni dovrò ancora stare lontano prima di trovare quell’acqua.

– E se io vi dicessi che so che vostra moglie non è ammalata, – prese a dire il vecchio – mi credereste?

– Come! E cosa sapete? – rispose il brav’uomo.

– Eppure lo so. – ribatté il vecchio dandogli del tu – E ti posso anche dire che tua moglie ti tradisce da molto tempo col Prete del tuo paese e che finge di essere ammalata e di avere bisogno di quell’acqua (che è solo una favola e non esiste), in modo che tu ti perda girando per le montagne e che non faccia più ritorno a casa.

Nell’udire quelle parole il brav’uomo restò sconcertato e non sapeva più cosa dire. Il vecchio, riprendendo il discorso gli disse:

– Se vuoi avere la prova dei fatti, alzati e cammina assieme a me verso casa tua e lì vedrai con i tuoi occhi se ciò che ti sto dicendo corrisponde a verità

A quelle parole così affermative e convinte, il poveretto non sapeva che pesci prendere: se continuare il cammino intrapreso o seguire il vecchio alla volta di casa. Ma volendo morire con gli occhi aperti (come si suol dire), l’animo suo deliberò di seguire il vecchio.

I due partirono.

Cammina e cammina, arrivarono a casa che era notte fonda. Il padrone di casa bussò alla porta e chiamò la moglie per nome.

– Aspetta, – gli rispose la moglie – che se posso, piano piano, vengo ad aprirti.

L’amante era già in casa e vi era entrato da poco.

A quel punto, colta di sorpresa, la moglie non sapeva più dove nascondere l’amante dato che la casa aveva solo una stanza con la sola porta d’ entrata e un piccolo abbaino in alto vicino al tetto. Allora, prese un grande sacco che serviva come contenitore per le pannocchie di granoturco, vi fece entrare l’amante, chiuse il sacco all’estremità con una corda e lo mise in un angolo. A quel punto andò ad aprire la porta mostrandosi tutta sofferente al marito e con un fil di voce gli domandò il motivo per il quale era tornato indietro.

– Incontrai questo vecchio, – rispose il marito – e siccome anche lui domani sarebbe andato a prendere quell’acqua, gli chiesi se poteva farmi da guida in quanto conosceva con esattezza il luogo.

Nel mentre di quei discorsi, gli fu offerto al vecchio di sedersi.

Il vecchio andò a sedersi proprio sul sacco dov’era rinchiuso il Prete, dicendo che era abituato a sedersi in basso e che stava bene lì. Allora il vecchio, senza perdere tempo, incominciò a battere col suo bastone sul sacco come se fosse un tamburo, mantenendo il tempo per cantare il seguente strambotto:

“Sotto un albero fiorito

m’incontrò un gran cornuto

a cui mentre lo dicevo

mi diceva: non la bevo”.

E mentre il vecchio continuava il canto, dava delle occhiate indicative al brav’uomo cercando di fargli capire che l’amico era lì dentro, fin quando l’interpellato vide chiaro ogni cosa. Allora si svegliò deciso e rispose allo strambotto:
“E ora, che io vedo chiaro il fatto, tu tieni il prete che io slego il sacco”.